E’ la gelida mattina del 30 gennaio 1944.
Nel quinto raggio del carcere di San Vittore 605 nomi di ebrei provenienti da tutta Italia vengono chiamati a gran voce, caricati senza alcun riguardo su alcuni camion e portati alla Stazione Centrale di Milano.
Nascosto da occhi indiscreti, il convoglio imbocca i sotterranei della stazione attraverso l’accesso in via Ferrante Aporti, posto al livello del manto stradale, e in pochi istanti le centinaia di persone a bordo vengono trasferite su vagoni merci poi sprangati dall’esterno.
Uomini, donne, moltissimi bambini e un neonato.
Ciascun vagone è solitamente adibito al trasporto di otto cavalli, mentre quella mattina conteneva circa 80 persone, senza cibo né acqua e un secchio come unico servizio igienico.
Destinazione ignota.
Solo quando il treno si ferma, dopo parecchie ore, per permettere ad alcuni di scendere e risciacquare il catino, appare chiara la meta finale, scritta a grandi lettere a lato del treno, che soffoca anche il più piccolo barlume di speranza: Auschwitz. Tutti sapevano che quello sarebbe stato un viaggio di non ritorno.
Quello del 30 gennaio 1944 è solo uno dei 15 treni merci partiti da Milano carichi di ebrei e diretti ai campi di smistamento, concentramento e sterminio.
Su 605 persone partite quel neanche poi tanto lontano giorno d’inverno, soltanto 22 fecero ritorno e come disse in seguito una delle sopravvissute, Goti Bauer: Noi siamo usciti da Auschwitz, ma Auschwitz non è mai uscito da noi.

In occasione della Giornata Internazionale della Memoria e all’interno della rubrica #isegretidimilano, voglio riproporre oggi un argomento toccante e sempre attuale, che ogni volta bussa inesorabile alla porta della mia coscienza e che quest’anno, in particolar modo, ho sentito molto vicino.
Considero l’Olocausto la più grande tragedia dell’umanità, un peso morale e civile che incombe su ogni essere umano, anche a distanza di anni.
Un evento storico sconcertante sopra ogni livello di immaginazione, con l’aggravante di essere stato concepito e attuato in Europa, la sempre vantata culla della civiltà e dell’intelletto.
Ma nonostante ciò, quando penso alla Shoa e alle milioni di vittime dei campi di sterminio rilego questo dramma ad un Paese – la Germania – e ad un popolo – i tedeschi – ben preciso, come a voler in qualche modo alleggerire stupidamente la mia coscienza, dimenticandomi sempre che l’Italia ci era dentro fino al collo, che anche da noi vennero emanate leggi razziali (nel 1938) e creati campi di concentramento, come ad esempio quelli di Fossoli e Bolzano.
Scoprire poi che Milano, la mia città, gioiello d’arte e cultura, ha contribuito in maniera significativa alla soluzione finale, rimuovendo successivamente l’episodio dalla propria storia, mi ha fatta riflettere più in profondità sul significato della memoria e l’importanza dei luoghi della memoria.
E così mi sono ritrovata ad esplorare i sotterranei della Stazione Centrale del capoluogo meneghino, dove tra il 6 dicembre 1943 e il 15 gennaio 1945, venne scritta una delle pagine più vergognose della Storia Nazionale, una storia scomoda, che per molti decenni è stata tenuta segreta o, in una visione più ottimista, rimossa da tutti i milanesi, ma che finalmente il 27 gennaio 2013 ha ripreso vita in un Memoriale straziante, che gela il sangue e che è spunto di riflessione e dialogo, ideato per ricordarci di ricordare.
Perché la memoria è un dovere morale di tutti e forse la città di Milano, attraverso la creazione di un luogo della memoria, vuole in qualche modo riconciliarsi con la propria coscienza e il proprio passato.
Il luogo in questione è nascosto agli occhi dei più, nel ventre buio della stazione, e vi sono collocati dei binari fantasma da cui, tra il 1943 e il 1945, partirono 15 “treni della morte”, diretti in luoghi infernali, abbandonati anche da Dio.
L’intera area prende il nome di Binario 21, poiché si trova al di sotto dei binari ferroviari ordinari e precisamente sotto al binario 21.
Qui inizialmente venivano caricati e scaricati i vagoni postali, ma dopo l’occupazione dei tedeschi iniziata nel 1943, i sotterranei vennero adibiti alla deportazione di centinaia di ebrei e prigionieri civili e militari.
Il sistema era semplice: una volta riempito un vagone merci questo veniva posto su un carrello traslatore e finiva su un elevatore che lo sollevava fino a raggiungere il piano dei binari ferroviari, attraverso rotaie di manovra ancora visibili tra il binario 18 e 19, appena fuori dalla tettoia della stazione. Da lì, in totale segretezza i convogli partivano per Auschwitz, Bergen Belsen e altri campi di sterminio.
Oltre alla sua funzione di memoriale, il Binario 21 è molto interessante poiché rappresenta l’unico luogo di tutta Europa da cui partirono le deportazioni di massa ad essere rimasto intatto. E questo accresce enormemente la portata emozionale che investe i visitatori, accentuata dal contrasto tra il silenzio del sotterraneo e lo sferragliare dei treni in superficie.
Il Memoriale è molto ampio, per lo più in penombra, con un’architettura molto fredda e spoglia, organizzato in un percorso tematico a spazi integrati.
All’ingresso un muro grigio ammonisce i visitatori. Su di esso campeggia a chiare lettere la scritta INDIFFERENZA, lì a ricordare che proprio a causa della noncuranza generale, una tragedia come la Shoa si è potuta consumare liberamente e senza ostacoli.

Da qui una rampa porta alla mostra chiamata Viaggio nella Memoria, dedicata alla testimonianza degli eventi e dei sopravvissuti e un filmato che mostra il funzionamento dei binari di manovra.
Nel terzo spazio tematico si trovano una banchina e quattro vagoni merci originali restaurati, in cui è possibile entrare per rendersi conto degli spazi disumani in cui furono costretti a viaggiare per giorni le stelle gialle destinate ai campi.

Oltre i vagoni e’ collocato il Muro dei Nomi, in cui sono riportati i 774 nomi dei deportati partiti con il convoglio del 6 dicembre 1943 e 30 gennaio 1944 per Auschwitz. I nomi evidenziati in giallo sono quelli dei sopravvissuti. Sono soltanto 27.
Al termine della banchina, tramite una rampa elicoidale si accede al cosiddetto Luogo di Riflessione, spoglio di ogni simbolo religioso, tranne una luce che punta verso Gerusalemme.
Il progetto prevede inoltre la costruzione di una biblioteca e un’aula multimediale, ancora in fase di realizzazione.

Migliaia di persone ogni giorno transitano per la Stazione Centrale di Milano.
Camminano frenetici per non perdere il treno che li riporta a casa, ignari del fatto che sotto di loro si trovano dei binari fantasma da cui partirono centinaia di persone che a casa non tornarono mai più.

Visitare il Memoriale della Shoa di Milano:
– Ingresso su Piazza Edmond J. Safra
– Orari: ogni lunedì dalle 10 alle 20 (senza necessità di prenotazione) e ultima domenica di ogni mese (solo su prenotazione all’indirizzo email: coordinamento.memoriale@memorialeshoah.it)
– Visite guidate disponibili il lunedì alle 18.30
– Nessun costo d’ingresso
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