Vegas in spagnolo significa prati erbosi, poiche’ un tempo nella valle circostante si trovavano numerosi pozzi artesiani che permisero lo sviluppo di una grossa zona verdeggiante, da cui deriva appunto il nome Las Vegas, ma nel corso dei secoli i corsi d’acqua si sono inabissati sempre piu’ in profondita’, rendendo l’intera area arida e deserta come appare oggi.
Quando lo stato del Nevada venne annesso agli Stati Uniti, il gioco d’azzardo fu bandito, ma pochi anni dopo ci si rese conto del suo enorme potenziale lucrativo e nel 1931 venne legalizzato a livello locale nella sola Las Vegas, favorendo l’ascesa della citta’ a capitale mondiale del gioco d’azzardo e dei casino’.
Sono ormai centinaia i casino’ in citta’, aperti 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e sono ormai milioni (40 milioni per l’esattezza) le persone che ogni anno tentano la fortuna per cambiare le proprie sorti, perche’ in fondo e’ questo che viene offerto: l’illusoria possibilita’ di diventare ricco con una puntata vincente.

In realta’ e’ un sortilegio della peggior specie quello che Las Vegas getta su tutti i turisti e dopo aver esplorato alcuni dei casino’ piu’ famosi, quelli lungo The Strip o Las Vegas Boulevard, il viale piu’ famoso e luccicante della citta’, sono giunta alla conclusione che all’ingresso di ognuno calzerebbe a pennello un cartello con la seguente scritta:
Le Sirene sedendo in un bel prato,
mandano un canto dalle argute labbra,
che alletta il passeggier: ma non lontano
d’ossa d’umani putrefatti corpi
e di pelli marcite, un monte s’alza.
Tu veloce oltrepassa, e con mollita
cera de’ tuoi così l’orecchio tura,
che non vi possa penetrar la voce. [1]
Come a dire: attenti a voi! Le slot machine e le roulette sono piu’ micidiali e irresistibili del canto delle sirene dell’Odissea, che con le loro melodie stregate cercarono di attirare in una trappola mortale Ulisse e i suoi compagni, salvatisi soltanto perche’ si erano tappati le orecchie con la cera.
Ma anche:
Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate. [2]
Ancora una volta, attenti! Le porte che state per varcare, sebbene non conducano all’inferno (parliamo di quello dantesco, ovviamente), vi porteranno in un luogo di perdizione, senza pieta’, senza tempo e senza spazio.
Tutti i casino’ infatti sono studiati in modo da tenervi il piu’ possibile seduti al tavolo da gioco, senza distrazioni.
Si tratta sempre di spazi con una luce soffusa per offuscare un po’ i sensi, senza orologi e senza finestre per eliminare ogni riferimento spazio-temporale e intrappolarvi in una dimensione parallela da cui potete uscire solo quando non avrete piu’ un soldo in tasca!

E le distrazioni sono davvero tante: da file interminabili di slot machine, a bingo, blackjack, roulette, poker in tutte le sue varianti, baccarat. Ci sono persino schermi per il gioco d’azzardo ai banconi dei bar e nelle piscine di alcuni alberghi, come per esempio nella piscina del Caesars Palace chiamata Fortuna.
Le slot machine e i videopoker si trovano numerosissimi anche nell’aereoporto della citta’: nemmeno il tempo di uscire dal gate che gia’ potete inserire il primo dollaro e tentare la fortuna.

Ho fatto inoltre caso che, dopo un po’ che qualcuno e’ seduto a giocare (indipendentemente da cosa), le cameriere del casino’, tutte belle ragazze e in abiti succinti, si avvicinano, ti fanno ordinare un drink e te lo portano poco dopo senza fartelo pagare (apparte la mancia, obbigatoria negli Stati Uniti, alla cameriera stessa), perche’ al casino’ conviene che tu continui a stare seduto al tavolo da gioco bevendo qualche drink piuttosto che farti alzare per prendere da bere e magari distrarti e svegliarti dal sortilegio.

E ancora, se non potete andare al casino’, sara’ il casino’ a venire da voi! Alcuni alberghi, come il Bellagio e Aria, portano il gioco d’azzardo direttamente nella vostra stanza d’albergo, con tanto di tavoli da gioco e croupier.
Insomma ce n’e’ davvero per tutti i gusti!
Non sono una giocatrice d’azzardo ma qualche puntata alla roulette ovviamente l’ho fatta anche io, a volte vincendo e altre perdendo, ma sempre con la cera nelle orecchie, salvandomi da quel richiamo ammaliante, come fecero i compagni di viaggio di Ulisse.
[1] Omero. Odissea XII, 52-59. Traduzione di Ippolito Pindemonte, 1862, Rizzoli editore – BUR, 1961, p. 333
[2] Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, Canto III, verso 9.
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